A Ruvo di Puglia nella Settimana Santa, i lunghi processionali rappresentano il momento conclusivo di una partecipata cerimonialità che vede protagonisti gli aderenti ai sodalizi confraternali. Momenti centrali di aggregazione spirituale nella Quaresima sono le funzioni dell' Adorazione della Croce che hanno luogo, a turno, nelle Chiese sedi delle Confraternite. Sino alla metà circa del secolo scorso, esse si svolgevano a porte chiuse e riservate ai soli confratelli. Attualmente partecipano anche le consorelle e altri fedeli.
Alla cerimonia religiosa i quattro sodalizi si dispongono in ordine di anzianità: Arciconfraternita del Carmine, Confraternita del Purgatorio, Confraternita di San Rocco, Confraternita Purificazione – Addolorata, essa si concludeva appunto con il bacio al Crocifisso. La croce, una volta veniva distesa al suolo attualmente viene issata e posta ai piedi dell'altare. I confratelli giungono ad essa da un percorso prestabilito dopo alcune genuflessioni rituali.
Ogni Confraternita, una volta sistematasi nel tempio, si dispone con al primo banco il Priore tra il primo e il secondo assistente, a seguire gli aderenti.
I giorni della Quaresima vengono assistiti intensamente dalle Confraternite, in quanto momenti di preparazione alle processioni, e quindi le Amministrazioni sono impegnate a studiare gli itinerari, ingaggiare le bande, curare gli addobbi dei vari simulacri, stabilire le quote che i portatori delle statue dovranno versare; questi ultimi non sono confratelli, ma devoti particolari che tramandano da generazioni il privilegio della “spalla”.
Particolari momenti sono vissuti per la preparazione delle vesti della Desolata, Confraternita Purificazione-Addolorata, dell'Addolorata del Carmine, e della Pietà della Confraternita del Purgatorio.
Se quei vestiti potessero parlare ci racconterebbero le vere storie della devozione delle nostre madri e dei nostri padri: quanti pianti, quanti ricordi, quanti peccati, quante labbra a baciarli, quante invocazioni e a volte imprecazioni.
Ha un inizio intimo e nascosto, domestico e privato, la Settimana Santa nella Città del Talos. In pochi conoscono dove sono custoditi gli abiti delle Madonne; ancora meno si sa delle donne che per mai ininterrotta tradizione li custodiscono nelle proprie case.
I momenti della vestizione sono quelli più toccanti della Settimana Santa, e a noi è dato solo immaginarli, pochissime donne possono soltanto vederli e neanche raccontarli.
La musica, le marce funebri, esse rivestono grande importanza e viene dedicato un ampio spazio.
Ogni città custodisce gelosamente le proprie marce. Ruvo di Puglia è una città che ha dato i natali a molti musicisti, che hanno scritto partiture per banda di notevole artistico-musicale, ricordiamo i fratelli Alessandro e Antonio Amenduni, Basilio Giandonato, Francesco Porto, nonché gli autori emergenti come Vincenzo Jurilli e Rocco Di Rella.
Nella settimana che precede quella Santa diversi sono i concerti che si tengono nelle varie Chiese.
E' la Confraternita della Purificazione Addolorata ad aprire e chiudere il fitto calendario delle processioni della Settimana Santa.
Essa fu fondata nel 1719 con il titolo di “Purificazione – Sant'Ignazio” dal gesuita Domenico Bruno; ebbe originariamente sede nella Chiesa di San Carlo. Il culto principale della Purificazione gradatamente è stato sovverchiato da quello dell'Addolorata.
Nel 1794, con denaro raccolto dai confratelli, fu acquistata a Napoli una statua di una Madonna vestita, l'Addolorata; a sancire l'importanza del culto, al titolo Purificazione, nel 1833 con approvazione papale fu aggiunto quello dell'Addolorata.
Il segno di appartenenza a questo sodalizio è dato da una mantella “mozzetta” di color avorio (Purificazione) con una striscia trasversale di colore nero con medaglione della Madonna trafitta da una spada (Addolorata). In occasione della processione della Desolata viene posta solo la striscia trasversale chiamata “tracolla”.
Ed è proprio dalla Chiesa di San Domenico, dove la Confraternita risiede sin dal 1810, dopo essere stata ospitata dalla Chiesa di San Luca (attuale Santi Medici) e in quella della Madonna dell'Isola (non più esistente), il Venerdì di Passione, quello precedente la domenica delle Palme, si avvia ogni anno la Processione della Desolata.
Rappresenta la madre del Redentore ai piedi della croce.
La statua della Madonna è datata 1907 e porta la firma del molfettese Corrado Binetti (ben visibile sulla spalla); essa è realizzata in cartapesta per quanto riguarda il busto, le braccia snodabili, mentre è a gabbia lignea per quanto riguarda la parte inferiore.
Particolare interesse ha il volto della Madonna, il cui incarnato è di un pallido rosa a sottolineare l'ansia per la ricerca e il dolore per la fine presagita del figlio. Il viso è scarno ed è incorniciato dalla classica pettinatura di capelli. E' vestita con un abito cannellato di colore nero; esso è completato da un fazzoletto in lino di pizzo e uno spadino in argento conficcato nell'abito. La croce in legno completa il gruppo processionale; essa presenta intorno al braccio corto una “piega” di colore bianco in pizzo rinascimento.
Nel mentre in chiesa si è intenti a disbrigare le ultime incombenze, un rullo di tamburo e un colpo di gran cassa echeggia lungo un percorso prestabilito, è il segnale della chiamata a raccolta dei componenti del sodalizio.
Nel tardo pomeriggio quando il sole scalda e bacia la bianca pietra dalla facciata slanciata della Chiesa di San Domenico, ecco schiudersi l'ampio portone, è il segno che tutto è pronto per dare inizio al corteo processionale.
Ad aprirlo è la gran cassa che con colpi gravi annuncia l'avanzata della statua.
Seguono, disposte a coppie su due file parallele, le devote con ceri accesi e “scapolari”; subito dopo, al seguito del gonfalone listato a lutto, le consorelle con “l'abitino” di colore nero sul quale spiccano le iniziali M (Mater) e D (Dolorosa).
La croce penitenziale annuncia la sequenza dei confratelli.
Questi vestono con un camice di colore bianco e al cinto un cordone di colore azzurro. Come copricapo indossano la “buffa”; essa era in uso al tempo delle Misericordie, serviva a coprire il volto e impediva a chi riceveva un'opera di carità, di riconoscere il suo benefattore.
I confratelli si dispongono secondo l'ordine di anzianità.
Ecco venir fuori dalla penombra e guadagnare il sagrato con piccolo dondolìo la statua della Madonna; le nuvole d'incenso riescono appena ad attenuare il contrasto tra il nero dell'abito e il candore dei fori ai suoi piedi, mentre la banda intona la marcia.
Maria Desolata, abbracciata alla croce senza il figlio, attraversa sino a tarda sera le strade della Città, accompagnata da un gran numero di devoti e astanti.
Lungo il percorso, dai balconi vengono appesi candidi lenzuola a simboleggiare la Sindone.
Dopo la Confraternita della Purificazione Addolorata, è la volta di quella di San Rocco, fondata a metà del 1500 per dare visibilità e diffondere il culto al santo protettore degli appestati; è la più antica delle istituzioni confraternali ruvestine ancora attive, anche se è stata l'ultima a dotarsi di un simulacro da portare in processione nella Settimana Santa.
I confratelli dalla mozzetta rossa lo fecero nel 1920, quando l'artigiano della cartapesta, il leccese Raffaele Carretta, gli consegnò il gruppo statuario della Deposizione che i ruvesi e non chiamano “Otto Santi” per il numero dei personaggi che lo compongono.
Il gruppo scultoreo ha uno sviluppo orizzontale da sinistra a destra e le figure, tutte in movimento, calpestano un terreno – basamento che si fa leggermente più alto nella parte posteriore, a simboleggiare la discesa dal Golgota. Il lenzuolo è saldamente sorretto da Giuseppe di Arimatea e Nicodemo e, sotto le braccia, da un giovanissimo San Giovanni. Sul lato è posta la suggestiva immagine della Madonna con lo sguardo rivolto verso l'alto, mentre con la mano destra appena sollevata indica il corpo del figlio il cui braccio penzola fuori dal sudario.
Seguono e chiudono il corteo Maria di Cleofa, Maria di Salamone (che sorregge la Madonna) e Maria di Magdala (Maddalena), con le spalle scoperte e il viso nascosto dalla lunga chioma che originariamente era ottenuta con capelli veri. Ciò che colpisce di questo complesso è l'attenzione drammatica della sua scena. Il gruppo statuario si ispira ad un dipinto di Antonio Cisari (1821 – 1891) che rappresenta infatti il funerale di Cristo adagiato nella Sindone.
L'uscita della processione è alle ore 2 in punto, nella notte tra il mercoledì e il giovedì santo; rende oltremodo suggestivo e drammatico il percorso penitenziale e si carica di tensione non solo per i ruvesi ma anche per i numerosi turisti e curiosi richiamati dall'evento.
Una folla scomposta e vociante che si ammutolisce e si compone al momento della delicata sequenza dell'uscita, quando la triste melodia funebre squarcia il silenzio della notte e dà inizio al corteo che sino alla mattina successiva attraversa da prima gli stretti vicoli del centro antico e poi le larghe arterie della città di Ruvo di Puglia.
Ad aprire il corteo lo stendardo accompagnato dalla gran cassa e dal rullare del tamburo, seguono le devote, le consorelle di Maria del Buon Consiglio, queste insossano “l'abitino” di colore celeste con le iniziali della Beata Vergine, la croce penitenziale apre le due ali di fila dei confratelli, la buffa di colore bianco.
Il gruppo statuario è preceduto da bambini vestiti con gli abiti dei personaggi che personificano la Passione.
La processione si conclude in mattinata, quando l'ampia piazza circolare riesce situata al centro della Città a stento contiene gli astanti nel mentre i portatori con destrezza riescono a rientrare la statua attraverso lo stretto sacello.
La processione degli Otto Santi è l'anticipazione sui tempi della passione e della morte che non si sono di fatto consumati. La sequenza drammatica prende prima che Cristo lavi e asciughi i piedi agli apostoli come rinnovano le gesta delle celebrazioni nella liturgia in “Coena Domini”.
Alla liturgia, che si tiene in Cattedrale, prende parte il Sindaco della Città.
Ad ognuno dei 12 figuranti, un tempo i poveri del paese, viene offerto il “tarallo”, che già nella forma intrecciata evoca la spina: un pane rituale preparato solo per questa celebrazione e che ostenta, modellati con lo stesso impasto, i simboli della passione e della morte (il tartaglio, i chiodi, la croce, la corona, i flagelli, il gallo, la colonna della tortura, i dadi con cui i soldati si contesero le vesti).
Nella serata del Giovedì Santo segue la processione ai repositori, gli altari sfolgoranti di luci, fiori, drappi preziosi, allegorie, in cui al centro, nella selva di candele e fiumi dell'incenso, sarà riposto il SS.mo Sacramento. Erano detti sepolcri perché per antica ma errata credenza, si ritenevano il luogo in cui adorare Gesù già morto e deposto. Riaffiorano di tanto in tanto i piatti con granaglie e legumi germogliati al buio: una selva di filamenti di un verde delicatissimo tenuti insieme da nastri colorati e ornati da fresie e ciclamini, che richiamano il risveglio primaverile.
Erano detti “giardini di Adone” perché legati a credenze mitologiche della morte e resurrezione di Adone, divinità dei campi e della prosperità.
Dopo le liturgie del Venerdì santo e l'adorazione della Croce, tenutasi nelle parrocchie, la scena torna nuovamente nelle strade e nelle piazze della città per la processione più importante dal punto di vista religioso, quella dei Misteri, la più antica di cui si trovano testimonianze sin dal XVII secolo, a cura dell'Arciconfraternita del Carmine, che ha sede nella omonima chiesa.
L'Arciconfraternita fu fondata nel 1604 nella chiesa di San Vito; essa ebbe un ruolo di primo piano nell'orientamento religioso e devozionale.
Accanto ai culti mariani e dei santi, particolare cura assume la diffusione della passione e morte di Gesù. Quanto il culto della passione fosse centrale nella pratica religiosa del sodalizio, lo dimostra la copiosa committenza di stato e dipinti ispirati alla vicenda dolorosa del Cristo e di sua madre. Da una platea settecentesca conservata nell'archivio confraternale, si conosce che nella chiesa di San Vito era esposto alla venerazione un ragguardevole dipinto raffigurante la deposizione; ai lati della tela erano poste le statue di Cristo nell'Orto e dell'Ecce Homo.
Nella sagrestia era collocato un grande crocifisso con ai lati le statue dell'Addolorata anch'essa una Madonna vestita (già menzionata), e di Gesù Flagellato. Sull'altare dell'oratorio, fulcro centrale della vita associativa, era collocata una miracolosa e devotissima statua in legno del nostro Redentore, con la croce sulle spalle verso il Calvario e, più in basso, quella di Cristo Morto. Sulle pareti erano affrescate varie scene della passione.
I Misteri del Venerdì Santo (sette simulacri) ripropongono la sequenza dell'itinerario doloroso: Gesù in adorazione nell'Orto, Cristo Flagellato alla colonna, Cristo deriso e caricato di spine, Gesù al Calvario (opera lignea di pregevole valore, opera dello scultore altamurano Filippo Altieri), Cristo Crocifisso, Cristo Morto (anch'esso opera del già menzionato scultore), l'Addolorata vestita di nero, le mani strette intrigo di dolore, il volto pallido del pianto; in ultimo il tempietto contenente la reliquia della Santa Croce.
Quest'ultimo, in tempi andati, veniva trasportato dai chierici, oggi invece due sacerdoti precedono il tempietto dove è posta una Croce in argento contenente una scheggia del Sacro Legno.
Il corteo processionale è molto lungo; anch'esso viene aperto dallo stendardo della confraternita e i gravi colpi della grancassa; segue il lungo peregrinare delle devote, seguite dai confratelli con camice bianco e mozzetta granata, infine le statue.
Quella miracolosa di Gesù al Calvario è preceduta da un gran numero di bambini vestiti con una tunica rossa, al cinto una corda, in testa una corona di spine e portano sulle spalle la Croce; essi sono chiamati “crestudde”, dietro alla statua segue una moltitudine di uomini e donne a piedi nudi. Dietro all'ultimo simulacro l'Amministrazione dell'Arciconfratenita seguita dall'Amministrazione Comunale, con in testa il Sindaco affiancato da assessori e consiglieri, a testimoniare il lutto della città.
Il Sabato Santo la scena figurata si sposta sul Golgota dove Maria, seduta ai piedi della croce, accoglie sulle sue gambe il figlio morto appena schiodato. Pallida nel dolore e il volto giovanissimo, con gli occhi ormai senza lacrime rivolti al cielo, la Madonna pare interrogarsi sul perché di tanto strazio. Quel viso di fanciulla, modellato a fine '800 dall'artigiano della cartapesta di Lecce Giuseppe Manzo, sembra assegnare alla madre un'età inferiore a quella del figlio.
La processione si snoda dalla chiesa del Purgatorio a cura della Confraternita di Maria Santissima del Suffragio eretta nel 1678 quando si registrò una larga diffusione al culto della Madonna e alle Anime purganti. I colpi gravi della gran cassa annunciano la processione, sono gli ultimi che si ascolteranno nell'anno, così come le meste melodie, struggenti colonne sonore della Settimana Santa eseguite dalla banda cittadina.
La gran cassa e lo stendardo vengono seguiti dalle devote e successivamente dalle consorelle; queste vestono con un “abitino” di colore nero sulle quali spiccano le iniziali MSS, ovvero Maria Santissima del Suffragio, precedono la croce dei confratelli che indossano un camice bianco con la tracolla nera, al cinto un laccio nero, con la tracolla nera su cui spicca il medaglione argenteo, con un teschio e le dita incrociate: severo richiamo alla vanitas e conducità delle cose terrene; in testa la buffa di colore bianco.
In ultimo la statua della Beata Vergine, il simulacro viene portato a spalla con passo smorto dei portatori, quasi a simboleggiare il mesto concludersi della più intensa settimana dell'anno.
Dopo le sequenze liturgiche del fuoco nuovo e delle tenebre vinte dalla luce del Cristo Risorto, accompagnato dallo scompagno festoso a gloria, la città si si risveglia nella letizia della Pasqua.
Un'ultima processione, quella del Cristo Risorto, organizzata sin dal 1925 dalla Confraternita “Purificazione – Addolorata”, vede protagonisti i giubilanti bambini che festanti accompagnano la statua per le strade della città. Il simulacro attuale, opera del cartapestaio di Bari Salvatore Bruno datato 1952, ne sostituisce uno di pregevole fattura in legno il quale sfoggiava uno sfolgorante mantello di colore rosso.
Ai balconi delle finestre le variopinte coperte di seta prendono il posto dei bianchi lini e sarà ovunque una pioggia di petali cascanti.
E' l'ultimo giorno per le Quarantane; esse sono rimaste appese per 40 giorni dal mercoledì delle Ceneri fino al giorno della Pasqua. Quaranta è il numero biblico dell'attesa, quaranta i giorni e le notti di durata del diluvio universale; gli anni che il popolo d'Israele trascorse nel deserto in attesa di entrate nella terra promessa: i giorni del digiuno di Mosè sul Sinai prima che Dio gli affidasse le tavole. Quaranta i giorni di digiuno di Gesù nel deserto in attesa di iniziare la predicazione.
Molti erano i divieti e le prescrizioni che scandivano il tempo penitenziale. Bisognava mangiare magro ed eliminare completamente dalla mensa carne, uova, formaggi, latticini, latte, mentre era consentito consumare verdura, legumi, baccalà. Appena terminato il Carnevale, le massaie provvedevano a lavare e sgrassare accuratamente le posate e le pentole con acqua, cenere e aceto, per purificarle dalla carne e dal grasso che avevano toccato nel corso dell'anno.
La Quarantana è considerata la moglie del Carnevale; è rappresentata da una pupattola dalle sembianze di vecchia ingobbita, secca e smunta, vestita di nero con in una mano il fuso e nell'altra un'arancia o una patata con infisse 7 penne di gallina a simboleggiare le settimane della Quaresima.
Ogni settimana si toglie una penna sino a che la pupattola ne rimane completamente priva.
Nel giorno di Pasqua, al passaggio della statua del Risorto, avviene il rito spettacolo del “rogo scoppio” della Quarantana, alla quale assiste una folla esultante. La gioia di tutti conclude questo periodo.
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