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I conti segreti dello Ior. Tra i più ricchi le Ancelle della Divina Provvidenza di Bisceglie struttura parallela alla banca vaticana con ingenti flussi di denaro. L’Istituto per le Opere Religiose (IOR), la banca del Vaticano, includeva una struttura che gestiva conti correnti miliardari cifrati con operazioni fuori da ogni controllo e sotto l’egida di mons. Donato De Bonis, il successore quale prelato dello Ior del cardinale Marcinkus, quest’ultimo famoso per essere stato implicato nel crack del Banco Ambrosiano.
Movimentazioni di denaro per conto di fondazioni e istituti religiosi di facciata in parte giustificati come frutto di eredità, offerte e lasciti, mentre per la quota più consistente la provenienza è ignota o misteriosa. Di tutto questo parla Gianluigi Nuzzi nel libro uscito pochi giorni fa intitolato “Vaticano Spa” edito da Chiarelettere.
Il libro raccoglie la documentazione di mons. Renato Dardozzi, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e, soprattutto, per vent’anni uno dei pochissimi consiglieri dei cardinali che si sono succeduti alla Segreteria di Stato, da Agostino Casaroli ad Angelo Sodano. Dardozzi ha voluto che dopo la morte, avvenuta nel 2003, il suo sterminato archivio diventasse pubblico. Ad avviare l’inchiesta sugli affari finanziari di mons. De Bonis è però l’allora presidente dell’Istituto Angelo Caloia. Nel 1992 Caloia scrive al fidatissimo braccio destro di Papa Woityla, mons. Dziwsz per sottoporgli i dubbi sulle operazioni di mons. De Bonis. Anche l’entourage di Woityla che per lungo tempo a partire dal pontefice aveva protetto Marcinkus, non può esimersi dal vederci chiaro. Anche perché c’è l’inchiesta Mani Pulite che avanza con il filone della maxitangente Enimont. Viene istituita una commissione segreta di inchiesta e si scoprono numerose operazioni di dubbia matrice con un’elevata quantità di contante e di titoli di stato.
La curiosità per i biscegliesi è che tra i conti scoperti allora vi sono fondi delle Suore Ancelle della Divina Provvidenza e del Comm. Lorenzo Leone. Le prime sono titolari dell’Opera “Don Uva” o ex ospedale psichiatrico, il secondo non più in vita è stato a capo della Casa Divina Provvidenza per lungo tempo dopo la morte del fondatore.
La commissione segreta che la Segreteria di Stato e il presidente dello Ior Angelo Caloia avviarono nel 1992 indicò questi depositi tra quelli operativi con denaro dubbio della struttura di monsignor Donato de Bonis. Le cifre? Da capogiro: nel conto delle suore erano giacenti al momento della verifica, circa 56 miliardi ovvero 43,5 milioni di euro dei giorni nostri con la rivalutazione monetaria. Mentre il comm. Leone era titolare di conti variamente intestati di natura personale e vincolati da disposizioni testamentarie che prevedevano la destinazione dei beni alla figlia ed ai nipoti. Totale 16 miliardi di vecchie lire, con la rivalutazione più di 12 milioni di euro.